Discorsi diurni di un panda spellacchiato

Erano anni che Baba mi chiedeva di fare una partita a scacchi, ma ultimamente non ne avevo mai avuto il tempo. Almeno fino ad oggi.

Avevo 6 anni quando lo incontrai per la prima volta. La broncopolmonite mi aveva costretto in ospedale da diverse settimane. Entrò nella mia stanza e in due minuti mi convinse a tornare a mangiare. A quell’epoca la sua pelliccia era ancora folta, poi, passato nelle mani di due generazioni di teppistelli, si dovette accontentare di sfoggiare un rattoppo spellacchiato, ma un rattoppo spellacchiato di cui va molto fiero.

“Posso dirti una cosa?” Baba spingeva un suo pedone in avanti. In realtà non conosceva le regole come d’altronde neppure io. Ma in casi di necessità s’improvvisa volentieri.

“Cosa?”

“Ora che hai più tempo possiamo fare una partita a scacchi ogni giorno…” E con l’occhio penzolante mi guardava da sotto in su.

Io mossi il cavallo. Due caselle qua ed una là. “Mmm, fra poco mi alleno sulle scale e poi…”

“Una partita a scacchi per dire una cosa nuova, questo intendevo…” Ed intanto si mangiò il mio alfiere. “Sarebbe uno spreco non usare bene questo periodo. Sai, molto probabilmente non mi capiterà più di avere tutto questo tempo a disposizione per stare con te. Ecco, credo che sarebbe bello usarlo bene, tipo giocare a scacchi, imparare cose nuove. Questo voglio dire. Potresti riprendere a leggermi le storie come una volta. Ti ricordi? Le inventavi tu e io che risate che mi facevo quando arrivava Spumone col suo testone bianco.”

“Si, certo che me le ricordo…”

“Io non credo”, bisbigliò Baba. E anche la torre entro in mano sua. “Ieri c’era una luna spettacolareeee”, escalmò subito dopo aprendo le sue due zampogne il più che poteva. “Era grossa così! Se non fossi stato a casa non saremmo stati per un’ora sul balcone a guardarla”. Aveva ragione. “Questo intendo. Sarebbe bello tornare a seguire le formiche che conquistano il Castello Rosmarino, od insegnare ogni giorno ai nipotini un gioco nuovo, o starsene con le gambe penzoloni ad ascoltare i merli che cantano fuori dalla finestra. Ad osservare le piccole cose del balcone come le grandi del Cielo. A stare in silenzio. A guardare fuori, a guardarsi dentro.”

Io provai una difesa con l’altra torre rimasta ma ogni suo attacco mi portava via pedine. E la sua Regina ed il suo Re avanzavano ed il mio piccolo mondo crollava.

“Come mai tutta questa premura?”

“Per la routine.” Ed anche il mio cavallo uscì dalla scacchiera.

“Che centra?”

“La routine quotidiana, quella che tornerà. Se non ti fermi ora quando potrai giocare questa partita a scacchi con me, con te stesso, ora che ti è stato dato il tempo di farlo? Rischi di tornare come prima, senza storie da leggermi, senza Castelli di Rosmarino, senza risate per le cose nuove che sbagliamo a fare assieme, senza stelle da contare, senza occhi da comprendere.” E dicendo questo buttò giù il mio piccolo re.

“Scacco matto!” esclamò con un gran sorriso.

Scacco matto

Questo post è stato letto 4102 volte!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *