Camminando in una domenica senza tempo

passeroLa pioggia arrivò nel punto più lontano e con essa il buio. Non so da quanto ero fuori avendo lasciato a casa l’orologio. Sinceramente non ricordavo neppure di essere uscito di casa. Alzai il cappuccio, girai su me stesso ed incominciai a cantare sottovoce.

La mattina, al suono della sveglia, avevo fatto il conto dei dolori. Quando superarono il numero delle dita decisi di non gareggiare. Quando superarono il numero dei miei pensieri decisi di non allenarmi del tutto tanto più che da fuori la nebbia bussava insistentemente alle finestre. Per oggi avrei riposato mi dissi. Avrei lasciato a muscoli e tendini il tempo per rigenerarsi.

Per oggi meglio nutrire gli occhi, lasciargli gustare lentamente i dettagli. Infilai le mani in tasca ed uscii a camminare tra la nebbia. Non avendo una meta lasciai ai piedi la direzione da seguire. E non passò molto tempo che lasciai anche ai pensieri libertà di movimento. E mentre i piedi mi portavano sempre più lontano in una domenica senza tempo anche i pensieri salivano e scendevano arrampicandosi tra alti monti e ruzzolando fin giù, nelle profondità delle valli.

Poi gli occhi mi richiamarono un attimo al presente. Due passeri si erano appoggiati su un ramo troppo fragile. A breve si sarebbe spezzato sotto il loro peso. E se ne resero conto subito. Il passero di destra spalancò gli occhi. Gli si poteva leggere il terrore negli occhi per la caduta inevitabile. Spostai allora lo sguardo sul passero di sinistra… stava… stava cantando. Era sereno e cantava.

Una goccia mi cadde sulla fronte. Poi un’altra ancora. Poi ancora un’altra. La pioggia mi raggiunse nel punto più lontano da casa. E con essa il buio. Ma restai ancora un attimo a guardare i due passeri ed il ramo che a breve si sarebbe spezzato. Perchè canta e l’altro no? Poi guardai meglio e capii. Alzai il cappuccio, girai su me stesso e tornando verso casa incominciai a cantare sottovoce.

Le ali! Canta perchè sa di avere le ali!

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